Musica

Yayanice: il duo emiliano presenta l’EP omonimo

Oggi incontriamo Yayanice, duo formato da Chiara Iannice (voce) e Giulia Facco (tastiere) che presentano sulle pagine di Flash Style Magazine il loro secondo lavoro discografico. Questo ep è l’espressione artistica delle loro emozioni, delle loro ricerche e sensazioni. Un tentativo di tradurre in suoni il loro mondo, attraverso quel filtro onirico che le contraddistingue.

 

Come vi siete avvicinate al mondo della musica?

(Chiara) Ciao e grazie per l’intervista. Il nostro percorso artistico è iniziato in modi profondamente diversi tra loro. Per quel che mi riguarda mi sono avvicinata allo studio del canto solo a 32 anni, dopo che interiormente ho avvertito quella che si può definire una chiamata, apparentemente tardiva, nei confronti della musica. L’ aver accolto questo messaggio mi ha cambiato profondamente grazie all’ effetto curativo che ha avuto in tutte le sfere della mia vita, da lì in poi, e forse anche indietro.

(Giulia) Io ho iniziato a suonare il piano a sei anni, mio padre lo suona per hobby e da bambina rimanevo affascinata dai suoni che uscivano da quello strumento. In adolescenza mi sono avvicinata al jazz e, finite le superiori, ho intrapreso studi accademici sia al conservatorio jazz che classico. Nel corso degli anni ho fatto parte di varie band dal jazz, all’ R&B, al soul e al pop. Il mio “pallino” più grande da sempre è scrivere musica, cosa che faccio anche con Yayanice.

 

Quali sono i cantanti che hanno maggiormente influenzato il vostro percorso artistico?

Di musica ne abbiamo ascoltata sempre tanta, per lo più nell’ambito della black music per stare molto larghe e generiche. Quello che trasliamo nelle nostre sonorità è frutto di questi ascolti ma anche del nostro gusto. Crediamo sia il processo che accomuna molti artisti di oggi, dopo che di musica sotto ai ponti ne è passata una marea. Ad ogni modo se vogliamo dire qualche nome assolutamente non esaustivo: Michael Jackson, Chaka Khan, Erykah Badu, Hiatus Kaiyote, tutta la house fine ’90 inizio 2000 e l’elenco è molto lungo.

 

Quanto è difficile emergere oggi nella musica?

Oggi è difficilissimo, soprattutto a causa della logica dei social che ha snaturato e sostituito di fatto quello che una volta veniva definito scouting e che era l’attività che faceva sì che un’artista fosse seguito e indirizzato nella propria carriera da qualcuno con delle competenze in materia. Oggi che contano praticamente solo i numeri come biglietto da visita, diventa molto più difficile ottenere ascolto e considerazione presso chi ha i canali e le dritte giuste per poter lavorare.

 

È uscito il vostro nuovo disco. Quali sono i temi trattati e cosa vi ha spinto a scegliere questo titolo?

Questo EP per noi è un lavoro più maturo e meditato rispetto a GU.A.ST.O. che lo ha preceduto. Pur spaziando ancora negli stili, rappresenta un gradino successivo nella nostra evoluzione musicale. E’ un lavoro che a volte tocca dimensioni sognanti e gassose, mentre altre si insinua nelle radici profonde del groove. Il concetto chiave che vi trova spazio è quello del viaggio e della trasformazione. I sei brani si susseguono lungo un filone ed un immaginario che in principio tocca tematiche e sonorità più aeree per poi approdare e concretizzarsi nella terra, nella radice. Come la rappresentazione di un flusso creativo al quale abbiamo voluto dare il nostro nome.

 

Quali saranno i vostri prossimi passi discografici?

Adesso abbiamo la necessità di fermarci un attimo e di focalizzarci sulla nostra evoluzione, dal momento che abbiamo alle spalle due EP e il materiale non ci manca. Vogliamo capire come e dove collocare tutta questa roba per riuscire a valorizzarla e a diffonderla il più possibile.

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