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IL FONDAMENTALISTA RILUTTANTE di Mohsin Hamid

– IL FONDAMENTALISTA RILUTTANTE –
di Mohsin Hamid

recensione a cura di Mauro Travasso

La storia di Changez, di uno scorcio di vita di questo giovane pakistano, raccontata in prima persona seduto in un caffè di Lahore, nel vecchio mercato di Anarkali, a un cittadino americano incontrato apparentemente per caso. Un’unica voce che parla al suo interlocutore, di cui non si conosce nulla se non la nazionalità, che l’autore fa rimanere in silenzio e che viene descritto soltanto dal protagonista del suo romanzo. 

Changez, grazie ai meriti scolastici, alla sua arguta intelligenza e tenacia, viene ammesso a Princeton. Senza nemmeno averlo programmato, dopo la laurea, viene subito assunto in una delle società finanziarie più prestigiose di New York. Da brillante analista finanziario, viaggia in business class tra i quattro antipodi della terra. Nel frattempo nasce il suo amore per Erica, una ragazza tormentata, che lo introduce nell’alta società di Manhattan. Tutto sembra aver raggiunto un equilibrio perfetto nella vita del giovane Changez, ma nei mesi successivi all’11 settembre con l’invasione dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti e il Pakistan e l’India sull’orlo di una guerra atomica, dentro di lui qualcosa cambia e Changez sembra trasformarsi, controvoglia, in un fondamentalista.

Una scrittura pacata, elegante e fine, che rispecchia il carattere del protagonista. Changez ha origini nobili, la sua famiglia in Pakistan ha perso gran parte delle proprie ricchezze, ma conserva ancora nei modi lo status sociale acquisito da generazioni. Changez non è soltanto un giovane istruito, è sensibile, affabile, leale e sincero. Nel modo di raccontare la sua storia traspare una riflessione costante e continua del mondo che lo circonda. Si stupisce di sé quando nella sua lussuosa stanza di albergo a Manila, al suo primo incarico, apprende della notizia degli attentati: “Vidi crollare prima una e poi l’altra delle torri gemelle del World Trade Center. E allora sorrisi”. Vive con grande apprensione le tensioni politiche tra il Pakistan e l’India, matura una paura nazionalista per quello che potrebbe accadere al proprio Paese, fino ad allora quasi inesistente. Decide di non radersi più la barba in una New York dove la paura di ulteriori attentati di matrice islamica si respira nell’aria.

L’abitudine di “concentrarsi sui fondamenti” delle analisi economiche inizia ad assumere una connotazione diversa. L’incontro a Valparaiso con il dirigente anziano di una delle aziende incaricato da analizzare per il suo lavoro da cui emerge la parola giannizzero, e il suo significato, rappresentano per Changez il punto di non ritorno.

Un romanzo dove l’elemento religioso rimane in disparte, ma a farla da padrone sono le riflessioni del protagonista in merito a una guerra politica ed economica globale che sottendono alle vite delle persone, il suo rapporto con Erica che a tratti presenta caratteristiche patologiche dovute ai trascorsi della donna. Changez ha bisogno di ritrovare il proprio spazio nel proprio Paese e seguire le nuove non certezze maturate in un lasso così breve di tempo: “Un’America come quella andava fermata…”.

Credo che quella “z”, alla fine del nome “Change” che sta per cambiamento, non si tratti di una coincidenza.

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